Apprendiamo dai giornali che il comune di Bologna, impersonificato nella “sacra trinità” Merola-Frascaroli-Malagoli, sarebbe in procinto di mettere a disposizione in tempi brevissimi (10 giorni per bocca dell’assessore Malagoli) almeno 75 locali appartenenti all’ex-residence Galaxi, più altrettanti alloggi sui quali si starebbe trattando. Come soggetto che nell’ultimo anno si è “sporcato le mani” su questo tema ci permettiamo di fare due considerazioni in merito a questa vicenda.
Se effettivamente il Comune sarà in grado di mettere a disposizione qualche centinaio di posti per persone in situazione di forte disagio abitativo questo sarà anche frutto del lavoro di pressione che collettivi e sindacati hanno prodotto in questi ultimi anni. Occupazioni, cortei e picchetti antisfratto sono stati in grado di dare voce a centinaia di persone impoverite dalla crisi, voce che è stata in grado di portare la questione abitativa tra i temi più caldi dell’agenda politica cittadina. Una lotta che ha visto sgomberi violenti, decine di denunce, misure cautelari a persone che si sono messe in gioco per i propri diritti e per quelli degli altri e per determinare un avanzamento nel campo dei diritti e della democrazia.
Ma riconoscerci dei “meriti” non serve a molto e soprattutto non basta perché abbiamo la forte sensazione che quella che ci viene presentata come una svolta non è altro che una giustificazione e l’inevitabile complementare all’esecuzione di sgomberi e sfratti che i poteri di questa città non vogliono più permettersi di rimandare (vedi le dichiarazioni dell’ormai onnipresente pm Giovannini), senza in realtà dare sistemazioni degne alle persone.
Per convincerci che così non è riteniamo necessario che tutti coloro che si trovano in situazione di forte disagio abitativo come le decine di persone di recente sgomberate e sfrattate, debbano poter accedere in quegli alloggi (e in tanti altri che vanno ricercati al più presto), evitando, con la scusa delle “fasce protette”, che nuclei familiari vengano divisi (madre e figlio minorenne dentro, padre e figli maggiorenni fuori) e che molte altre persone rimangano senza una casa.
Queste sistemazioni, definite come temporanee, devono necessariamente essere il primo passo in avanti verso politiche abitative strutturali in grado di confrontarsi con l’emergere di forti livelli di impoverimento tutt’altro che temporanei. Altrimenti anche questa vicenda finirà come è finito l’annuncio del famoso protocollo d’intesa che, da novembre ad oggi, non ha trovato un solo nuovo posto letto. Affinché l’amministrazione, che ha sempre avuto paura di fare la voce grossa a Procura e Questura quando questi eseguivano sgomberi senza neanche informarli, riesca a mettere in campo meccanismi di contrattazione che facciano sì che veramente nessuno rimanga per strada e che la questione abitativa non venga nuovamente gestita con la violenza degli sgomberi vanno necessariamente coinvolti tutti i soggetti che si occupano di di diritto all’abitare attraverso percorsi ampi e trasparenti.
Questa è e rimane il nostro punto di vista in merito. Continueremo perciò a battere questa strada – quella delle riappropriazioni e della contrattazione sociale – e nessuna soluzione di rattoppo ci farà cambiare idea.