Poco più di una settimana dall’occupazione e lo stabile di via Solferino 42 ha ripreso vita, trasformandosi da spazio relegato all’abbandono ad abitazione degna per venti persone, singoli, giovani coppie, famiglie. Persone che hanno scelto di occupare insieme a tant@ altr@ perché costretti da una situazione abitativa e di vita che non gli permetteva di sviluppare una vita degna, che ora invece risulta possibile.
In meno di dieci giorni i lavori di autorecupero collettivo dell’area occupata sono avanzati rapidamente, tanto che i 5 appartamenti sono ormai abitabili. Una piano di lavori intenso e reso possibile dal apporto di tutti e tutte gli occupanti della campagna #ioccupo, quelli entrati in via Solferino insieme con quelli di “Villa Adelante” in viale Aldini e quelli di via Borgolocchi, e sostenuto dalla solidarietà del vicinato di quartiere che numeroso in questi giorni ha attraversato questo stabile finalmente aperto e vissuto, conoscendo gli occupanti e parlando con loro. Tanti altri hanno inoltre sono entrati in contatto con questa nuova realtà attraverso la pagina facebook “Iorecupero” e hanno contribuito a rendere abitabili gli appartamenti donando mobilio e arredamenti in disuso.
Per fortuna gli occupanti di via Solferino sembrerebbe aver trovato un interlocutore serio e bendisposto: di fatto i rappresentanti dell’Istituto F.Cavazza, titolare della palazzina di via Solferino, si sono mostrati disponibili a trovare una soluzione condivisa che tenga presente la grave situazione di difficoltà che vivono gli attuali occupanti, e soprattutto dimostrandosi consapevoli che, al di là dei singoli casi, quello della casa non un problema passeggero, ma un questione reale nella città di Bologna come nel resto del paese, e che si sta tramutando in elemento strutturale dell’impoverimento e dello spossessamento dilagante di ampissime fasce di popolazione. Non a caso, solo per dare un’idea, dall’inizio dell’anno sono oltre un centinaio le persone che hanno chiesto aiuto allo nostro Sportello ADL Cobas per il Diritto all’Abitare in via Orfeo 46, mentre proprio oggi sui media cittadini esce la notizia che 359 persone si sono rivolte nello stesso periodo all’Help Center aperto dall’associazione Piazza Grande presso la stazione.
Se quindi la cooperazione dal basso dimostra tutta la sua forza solidale e anche la sua capacità di praticare percorsi condivise con interlocutori credibili, la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda i rappresentanti delle istituzioni che ci ritroviamo di fronte, finora incapaci di trovare soluzioni efficaci e alquanto timidi nel mettere in campo scelte radicali.
Dopo il fallimento del Protocollo d’intesa tra comune e prefettura non ci si può più nascondere dietro a i soliti mantra – “non ci sono spazi”, “non abbiamo risorse”: gli spazi ci sono (e lo denunciano le tante occupazioni attualmente in atto) e le risorse devono essere trovate. Infatti è giunto il tempo che le forze politiche in città abbandonino una volta per tutte la gestione emergenziale delle politiche abitative, capaci al massimo di trovare soluzioni parziali e per brevi periodi se non quando favoriscono vere e proprie sacche di emarginazione e di conseguenza fomentano “guerre tra poveri”. Al contrario è il momento di assumere scelte che vadano a colpire alla radice le cause della problematica abitativa, attaccando con decisione abbandono e disuso di un numero enorme di abitazioni già esistenti ma prigioniere delle logiche speculative e di rendita di soggetti privati e non.
Purtroppo le politiche abitative del Comune bolognese non sembrano per nulla affacciarsi su questo orizzonte. Al contrario. Sono di questi giorni, infatti, due notizie alquanto significative. Da una parte l’assessore alla casa Malagoli ha annunciato la messa all’asta di 300 immobili ACER mentre dall’altra la giunta ha approvato un progetto edilizio che riguarderà ben 21 ettari: su queste aree dismesse sorgeranno, tra le altre cose, ben 485 nuovi appartamenti. Un progetto quindi che modificherà profondamente il volto della città ma non risolverà affatto il problema abitativo, inserendosi invece nel solco del Piano Casa varato dal governo Renzi la scorsa primavera che favorisce costruttori e grandi proprietà mentre mortifica ed abbandona inquilini, affittuari e in generale le fasce sociali medio-basse.
È necessario invece una netta inversione di tendenza: per chi fa politica intorno al tema dell’abitare in città è chiaro che non si potrà risolvere in termini strutturali il problema della casa se non si intraprendono semplici e chiare misure: moratoria degli sfratti, messa a dispozione (se necessario tramite requisizione) dei tanti spazi abitativi attualmente in disuso e di proprietà di grandi gruppi pubblici e privati, valorizzazione dei progetti di autorecupero attraverso la sperimentazione di percorsi di riqualificazione che coinvolgano le realtà sociali che attualmente si muovono nel terreno della lotta per il diritto all’abitare ed infine regolarizzazione delle (ormai) tante realtà di occupazione abitativa e riconoscimento per occupanti, sfrattati e senza casa di tutti i diritti di cittadinanza.
Solo su questo tavolo si può giocare e vincere seriamente la scommessa di garantire il diritto generalizzato all’abitare e affinché a Bologna ci sia una#casaxtutti!