|| 26 e 27 marzo || Giornate Green ||

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Làbas è una realtà in continua trasformazione.

Con l’arrivo della primavera ripensiamo insieme a come trasformare il Mercato di Campi aperti, che si svolge tutti i mercoledì, in una vera piazza, e a rendere Orteo un vero orto sociale!

> Mercoledì 26 marzo ore 18.00
Come ampliare il mercato di làbas?

Quella dell’ex caserma Masini vuole essere una vera e propria piazza, e come tale si adatta alle specificità di chiunque vuole trasformare, trasformandosi, lo spazio che attraversa.
Invitiamo artisti, artigiani, designers e chiunque fosse interessato a venire a discutere, proporre e definire insieme a noi come è possibile attuare, a partire dalla prossima primavera, tutto quello che abbiamo iniziato a immaginarci, consapevoli che la natura dello stesso rimane sempre libera e aperta.

> Giovedì 27 Marzo ore 20.30
Come l’orto si fa davvero sociale?

Un luogo in cui poter agire un rapporto con la terra e con le pratiche dell’agricoltura, nel quale poter vivere relazioni libere dai tempi e modi più umani.
Servono altri picconi per rompere l’asfalto, pale e zappe per lavorare la terra, altri semi per far nascere altri ortaggi.

Qua i comunicati di lancio >>


Làbas – Il mercato che si espande

Il piazzale dell’ex-caserma Masini, rinominato “Piazzale Irma Bandiera” in nome della brigata partigiana che liberò lo spazio dall’occupazione nazi-fascista, ormai già da settembre ospita la realtà di Campi Aperti che con il suo mercato Genuino Clandestino di prodotti biologici e km0, contribuisce a creare una nuova esistenza etica, fatta di cooperazione e solidarietà, contrapposta invece alla perdita di valori che la mercificazione delle relazioni odierna porta con sé.
Inutile dire che la città, il quartiere e l’intero tessuto sociale bolognese hanno da subito risposto positivamente a questa situazione, e anzi l’hanno alimentata mercoledì dopo mercoledì, proponendosi come forma di socialità altra a quella proposta quotidianamente nei locali, nei centri commerciali e per le strade di quella città-vetrina che qualcuno si immagina nei palazzi del potere.
Quella dell’ex caserma Masini, quindi, vuole essere una vera e propria piazza, e come tale si adatta – e ha l’ambizione di svilupparsi ancora – alle specificità di chiunque vuole trasformare, trasformandosi, lo spazio che attraversa. In via Orfeo 46, ad esempio, il mercoledì si apre con Làbimbi, il laboratorio sociale per i più piccini, che aiuta le famiglie del quartiere a sopravvivere ai tagli ai servizi dell’infanzia, ma anche spazio libero in un sperimentare una nuova formazione dal basso, oppure, ancora, possiamo trovare la “Cucina Bruta”, uno spazio culinario che si dispiega intorno a fuoco, vino e musica dal vivo e le numerose iniziative artistico-culturali che accompagnano le giornate di mercato.
Ora questo mercato non ci basta più.
Pensiamo che una piazza, per dirsi tale, debba avere una costante spinta tesa all’inclusività, alla sperimentazione del nuovo e all’allargamento dei suoi confini –politici e non. Questa l’idea che ci spinge a voler aumentare ed estendere il mercato attuale, passando così dal solo genere alimentare ad anche altri ambiti, come quello di un mercato che vada a toccare le tematiche del riciclo e riuso, delle produzioni creative ‘handmade’ e tutte le diverse forme di economia che guardino a un altro tipo di società.
Insomma, tutte quelle forme di ‘lavoro’ e ‘produzione’ che contribuiscono alla trasformazione dal basso dello stato di cose presenti, ma che allo stesso tempo trovano grande difficoltà ad affermarvisi per via dei meccanismi escludenti del mercato che ne impediscono l’espressione. Ne è esempio l’impossibilità di vendere se non affittando (!) il suolo che quotidianamente calpestiamo, oppure la presenza di innumerevoli centri commerciali – a volte vere e proprie città- che spengono l’iniziativa individuale a favore della grande distribuzione, con buona pace dello sfruttamento umano e del territorio.
Ecco allora che uno spazio sociale diventa possibilità per chi invece vuol mettere in gioco il proprio corpo e la propria abilità, coniugando la risposta all’esigenza individuale di fare reddito a una esigenza collettiva di autofinanziamento dello spazio liberato, che vivrà e si qualificherà sempre maggiormente grazie alla cooperazione dal basso.
Invitiamo artisti, artigiani, designers e chiunque fosse interessato a venire a discutere, proporre e definire insieme a noi come è possibile attuare, a partire dalla prossima primavera, tutto quello che abbiamo iniziato a immaginarci, consapevoli che la natura dello stesso rimane sempre libera e aperta.

Non è nei vasti campi o nei grandi giardini che vedo giungere la primavera. È nei rari alberi di una piccola piazza della città.”

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Terre rubate per l’agricoltura

Ci sono città fatte di cemento, asfalto, acciaio, parcheggi e negozi, non ospitano la vita, la contengono, la costringono. Qualsiasi bisogno, desiderio e passione viene trasformato immediatamente in merce o servizio e vanno espletati nel chiuso delle mura domestiche o al massimo nei locali pubblici adibiti a tale scopo. Chi ci vive non può trasformarla secondo le proprie esigenze, ma chi la amministra non si fa scrupolo di stravolgerla assecondando gli interessi di gerarchie commerciali. Al massimo può inutilmente lamentarsi.
Ci sono altre città fatte di case, strade, piazze e parchi ma soprattutto persone. Città che nascono e si trasformano nella messa a valore dello spazio comune e nelle relazioni che si intessono. Queste città sono abitate da persone che si fanno carico dei luoghi abbandonati e vi fanno germogliare progetti e che insieme costruiscono risposte a problemi comuni.
Ci aggiravamo per Bologna cercando di capire in che tipo di città abbiamo deciso di vivere e le radici che spaccavano l’asfalto del piazzale dell’ex caserma Masini per riappropriarsi di ciò che era sempre stato il loro habitat naturale, la terra, ci hanno suggerito la risposta.
Siamo tutt@ noi a fare la differenza tra i due tipi di città. Siamo noi a dover agire la città in cui le nostre vite possano essere degne.
Anche noi abbiamo deciso di mettere radici, avevamo diversi semi e con un po di cura, calore e attenzione sono germogliati alcuni progetti, tra questi Orteo, un esperimento di guerriglia garden. Saremmo riusciti, noi braccia rubate all’agricoltura, a rubare un pezzo di città per darlo all’agricoltura? Così pala e piccone zappa e semi ed è nato un orto urbano autorganizzato, neanche 30 mq di passione, fatica, speranze, soddisfazioni e prospettiva, abbiamo usato tecniche biodinamiche perché seminiamo un mondo migliore e ci siamo confrontati con il clima impazzito nell’epoca del global warming. Con Làbimbi abbiamo sperimentato le colture consociate e abbiamo messo in moto sinergie come tra zucca e fagiolini e insieme stiamo preparando il terreno per la primavera ansios@ di vedere cosa germoglierà . Questo è stato per ora Orteo. Senza dimenticare gli ottimi ortaggi autoprodotti di cui ci siamo nutrit@ e uno serie di relazioni che si stanno muovendo intorno a quei rettangoli di terra e che ne immaginano un allargamento, la messa in comune della possibilità di creare insieme un orto sociale. Un luogo in cui poter agire un rapporto con la terra e con le pratiche dell’agricoltura, nel quale poter vivere relazioni libere dai tempi e modi più umani.
Ora è arrivata l’ora di fare un’altra scommessa, trovare altre persone con stomaci per desiderare una città diversa, con cervelli per immaginarla, e braccia per crearla. Servono altri picconi per rompere l’asfalto, pale e zappe per lavorare la terra, altri semi per far nascere altri ortaggi, e un occasione per incontrarci conoscersi capirsi e buttare giù il calendario dei lavori di Orteo.

“Perché i contadini non li trovate nelle fabbriche ma negli orti.”

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